October 2

Le Avventure Social di Verdi e Wagner -Verdi and Wagner’s Social Adventures


In barba ai luoghi comuni che vogliono la musica classica lontana dal popolo e dal divertimento, Alessandro Timpanaro – regista, attore e autore – ha deciso di raccontare, prima su Facebook e poi in un libro, cosa sarebbe accaduto se Verdi, Wagner e molti altri si fossero dati battaglia a colpi di post o di tweet. Il pubblico sembra apprezzare, dal momento che la sua pagina “Le Avventure di Verdi e Wagner” viene seguita da oltre tredicimila persone.
In questa intervista l’autore ci racconta della sua passione per la musica classica e di come il suo libro è stato accolto, non perdendo l’occasione di condividere aneddoti sulle vite di grandi compositori.

Alessandro, come è quando è nata la tua passione per la musica classica?

Da piccolo; il primissimo approccio con la musica classica è avventuo tramite la cugina di mia madre, che era l’incarnazione della zia bonacciona e giocherellona, che mi faceva sempre ascoltare dal giradischi la Serenata Notturna di Mozart, quella in sol. Poi c’è stato anche mio nonno che era un cultore e un po’ come succede a tanti mi ha trasmesso questa passione; i nonni sono dei tesori. Man mano che il tempo passava mi sono appassionato anche a tanti altri tipi di musica, diciamo che l’ho ruminata un po’ tutta a parte alcuni generi che proprio non riesco a digerire, fin quando non ho cominciato ad essere annoiato per la mancanza di capacità di trasmettermi emozioni, così ho deciso di riscoprire la musica classica che ascoltavo da piccolo. Lì questa passione ha preso una forma definitiva.

Qual è il tuo rapporto con i social?

(Ride.) Un buon rapporto. Adesso va di moda demonizzarli, soprattutto fra chi li usa molto, ed è sbagliato. Si tratta di un rapporto sicuramente complesso. Come disse Umberto Eco, i social hanno dato la possibilità ad un esercito di idioti di dire la loro, questo va messo in conto, ma è anche vero che attraverso i social possono nascere amicizie, opportunità di confronto e si possono imparare tantissime cose. Sono un’alternativa all’informazione preconfezionata dei media. Certo, bisogna avere un minimo di discernimento, perché nei social c’è tutto, dal peggio al meglio, di per sé sarebbero un’ottima cosa; magari ci sarebbe da chiedersi quanto siamo stati capaci di sfruttarli e di gestirli, ma qui si entrerebbe in un ginepraio.

Quanto è difficile fare dell’umorismo trattando qualcosa di “colto” come la musica classica?

In realtà io non lo trovo difficile, perché… Ora sembrerà che me la voglia tirare, ma non è vero; è molto facile fare umorismo su qualunque cosa se la conosci. Più la conosci e più è facile prenderla in giro, bonariamente naturalmente. Io passo la vita a prendere in giro Verdi, Wagner, Rossini, però nutro per loro un amore sconfinato.
Si tratta di una conoscenza che ho acquisito nell’arco di anni, dunque certi aneddoti riguardanti le loro vite o le loro gesta compositive sono talmente fissati nella mia mente. A volte mi capita di essere in auto o in bicicletta e di dovermi fermare per scrivere un appunto perché mi viene qualcosa in mente; questo mi succede perché conosco l’argomento.

Ma in fondo in fondo, fra Verdi e Wagner, una preferenza ce l’hai?

No. Quello che non hanno capito in tanti è che in realtà nessuno dei due è meglio dell’altro, perché nella loro diversità si compensano, infatti grazie all’unione di questi due talenti – involontaria da parte loro – noi poi in Italia abbiamo avuto Puccini, che senza Verdi e Wagner alle spalle probabilmente non sarebbe stato il Puccini che conosciamo lo stesso vale per Mascagni, Leoncavallo, Martucci, Sgambati e Franchetti, che è un autore molto poco conosciuto, ma che forse è quello che riassume al meglio la fusione tra lo stile teutonico di Wagner e quello melodico di Verdi.
Hanno gettato dei semi che poi sono riusciti a fondere, come dire, la musica “de core” all’italiana e la musica di testa, simbolista e sinfonica, del wagnerismo. Io li metto sullo stesso piano, l’unica cosa che posso dire è che mentre Wagner sicuramente è stato più grande a livello compositivo, Verdi è stato grande come uomo di teatro. Chi disprezza Verdi di solito cade nell’equivoco di considerare Verdi come musicista e compositore, ma è sbagliato, perché Verdi va valutato come drammaturgo per apprezzare l’immensità del suo genio.

Pensi che Verdi avrebbe tirato qualche stoccata a Wagner per il suo antisemitismo?

Sicuramente l’antisemitismo di Verdi non era così radicato, o meglio, Verdi non era antisemita. Va considerato che l’antisemitismo all’epoca era diffuso, poi conosciamo tutti le aberrazioni che sono venute in seguito, che fra l’altro adesso stanno tornando anche un po’ troppo alla ribalta. Ricordo una lettera che Verdi ricevette dal suo librettista, Francesco Maria Piave, a proposito de I Vespri Siciliani che doveva rappresentare a Parigi, e in quell’occasione gli scrisse pressappoco: “Ma cosa ci sei andato a fare in Francia a romperti i coglioni con i Francesi e soprattutto con quell’ebreo di Mayerbeer?”, che era in quel momento il compositore francese più di moda. Questo sottolineare il fatto che fosse ebreo – fra l’altro né Verdi né Wagner lo sopportavano, seppur per motivi opposti – sta a significare che anche nei rapporti epistolari con gli amici si manifestava questo antisemitismo anche fra persone che poi di fondo antisemite non erano. Certamente Verdi avrebbe avuto da ridire sull’eccessivo antisemitismo di Wagner, perché per lui era una cosa imprescindibile sia dalla sua arte che dalla sua vita. Poi non era l’unico, ma comunque l’antisemitismo di Wagner er molto teorico; di fatto lui aveva amici… Oddio, per lui il concetto di “amico” era: “limone da strizzare finché serve”… Però insomma, aveva collaboratori ebrei con cui è sempre andato completamente d’accordo. Io credo che l’antisemitismo di Wagner sia stato molto strumentalizzato soprattutto dalla Germania del ventennio Hitleriano, credendo di fargli un favore, invece poi in realtà non gli hanno fatto un gran servizio. È vero che la storia con i se e con i ma non si fa, però non credo che Wagner avrebbe apprezzato quello che il nazismo ha fatto agli ebrei; questa rimane comunque un’ipotesi mia.

Basti pensare a quel che è stato fatto a Nietzsche: in Al di Là del Bene e del Male definisce gli Ebrei “razza superiore” eppure Hitler lo fece passare per antisemita…

Esatto. Infatti la rottura definitiva fra Wagner e Nietzche ci fu anche per la questione dell’antisemitismo, nonostante Nietzsche adorasse Wagner probabilmente anche più di se stesso, che è tutto dire! Nella Tetralogia de L’Anello del Nibelungo, tra le varie simbologie di questa mastodontica opera, c’è anche quella dell’antisemitismo e Nietsche questa cosa non riuscì mai ad accettarla; come in seguito non riuscì ad accettare questa apparente conversione di Wagner al culto cattolico con il Parsifal.

Visto che sei un attore, hai pensato a come sarebbe portare le avventure dei tuoi beniamini a teatro?

No, onestamente non ci ho pensato e non saprei neanche come farlo. Mi era stato domandato da una delle case editrici a cui mi sono proposto, ma nonostante io abbia scritto, diretto e interpretato un monologo di quasi due ore su Verdi, una cosa del genere non saprei come renderla. Secondo me questa è un’idea che funziona su carta o su piattaforma social.

Fino ad ora che tipo di reazioni hai ottenuto da parte del pubblico riguardo al libro?

Oltre ogni più rosea aspettativa. Questa pagina l’ho aperta tre anni fa; feci il primo post con Verdi e Wagner così, proprio perché m’avanzava mezz’ora, lo pubblicai online e alcuni amici che condividono con me la passione dell’opera apprezzarono e mi chiesero di farne altri. Ne feci altri, alla fine aprii la pagina. Vidi che questi finti dialoghi avevano seguito, fin quando mi chiesero di farne un libro. All’inizio ci provai, tentai di proporlo e non piacque. Pensai che forse non fosse piaciuto in quanto semplice insieme dei post; era qualcosa che poteva far ridere solo chi già conoscesse l’argomento e non chi ne era digiuno; allora lo rifeci da capo, e visto che di recente c’è stato il bicentenario sia di Verdi che di Wagner, ho deciso di cogliere l’occasione per fare un pochino di cultura – spicciola, eh – scrivendo una sorta di biografia parallela, passando attraverso questi post in cui si parlano, s’infamano, si prendono in giro. Tieni conto che in vita Verdi e Wagner non si sono mai rivolti la parola, nemmeno un biglietto d’auguri di Natale, zero assoluto. Ho sfruttato questa rivalità cu cui è stato molto ricamato e che ha assunto contorni leggendari per poter raccontare la loro storia in maniera un po’ diversa, sperando al tempo stesso di riuscire a strappare qualche risata a quelli che sanno già tutto e magari a dare l’input a coloro che non sanno niente con un testo che, usando la tecnica del social, è moderno, è attuale. Magari su cento persone digiune che lo leggono, una, due o tre decidono di approfondire, comprando un libro più accademico o cominciando ad ascoltare l’Aida e il mio scopo è raggiunto; dopo di che, una volta messo alle stampe il libro attraverso la piattaforma di Amazon è successo un mezzo miracolo, perché io non me l’aspettavo. Subito dopo son stato contattato dal Museo Giuseppe Verdi di Busseto e dall’Assessorato della Cultura del Comune di Busseto, il Paese natale di Verdi, per fare una presentazione a maggio nella Sala Maggiore del Palazzo Cavalli, che è la sede verdiana per eccellenza, dove il maestro Muti tiene le conferenze stampa quando deve dirigere un’opera di Verdi a teatro.

Perché hai scelto l’autopubblicazione?

Perché è stato l’unico modo. Io ho conoscenze pari a zero nell’ambito dell’editoria. Ho provato varie volte a proporre il libro a vari editori che però mi hanno rimbalzato. Probabilmente era sbagliata la forma, o magari essendo io un nessuno e la materia un po’ di nicchia gli editori non si sono sentiti incoraggiati a procedere con la pubblicazione. Ho tenuto conto di avere un potenziale bacino d’utenza di circa tredicimila persone, che molti magari invece non hanno, infatti ha venduto non tantissimo ma più di quanto non mi aspettassi. Se poi nel tempo qualche editore dovesse tornare sui propri passi, ben venga.

Quali difficoltà ti ha comportato?

Ho passato nottate intere a lavorare sull’impaginazione, anche perché non ho software specifici, il risultato non è stato straordinario, ma ho visto in giro di peggio. Per il resto è stato facilissimo. Il limite è quello di non essere nelle librerie; richiede uno sforzo superiore a livello di promozione. Però è anche vero che adesso tutti hanno internet e tutti conoscono la piattaforma su cui ho messo il libro in vendita.

Quali sono i tuoi progetti artistici per il futuro?

Per quanto riguarda il libro, Verdi e Wagner, sto già raccogliendo il materiale per scrivere un’opera simile su Puccini, personaggio molto simpatico, che si presta alla cosa, dopo di che mi vorrei concentrare su Rossini, che rispetto alla triade Puccini – Verdi – Wagner mi piace meno, o forse lo capisco meno, ma come personaggi forse dei quattro era il migliore, perché aveva una grande ironia e un modo d’intendere la vita veramente disincantato e sarcastico. Di Rossini oltre alle opere si ricordano le battute. Era un cultore della buona cucina.
C’è l’aneddoto che quando Wagner lo volle conoscere, a Parigi, aveva già più di sessant’anni. Wagner era ansiosissimo di discutere tutte le sue teorie musicali, la grande opera; Rossini lo accolse, ma durante la loro conversazione spesso si alzava, spariva, e poi ritornava; dopo una, due, tre, quattro, cinque volte, alla fine Wagner chiese: “Maestro, ma perché se ne va?”.
“Sai ho un montone sul fuoco, va continuamente annaffiato col vino rosso”.
Della serie: “Che cacchio me ne frega della tua musica? Io devo magnà!”.
Per quel che riguarda il teatro, purtroppo la situazione in Italia non è il massimo della vita; comunque sì, ho i miei progetti, con una compagnia teatrale abbiamo già messo in scena due spettacoli e ne stiamo preparando un terzo.
Avevo anche due proposte per due film, ma al momento le produzioni sono ferme, dunque staremo a vedere.
Questo è un periodo in cui semino per raccogliere poi più avanti.

English

Despite all the clichés about classical music being far away from the common person and from amusement, Alessandro Timpanaro (director, actor and author) decided to tell the story – first through Facebook and then in a book – of what would have happened if Verdi, Wagner and many others had the chance to fight each other using posts and tweets as weapons. The audience seems to appreciate it, since his page “Verdi and Wagner’s Adventures” is followed by over 13 000 people.
In this interview the author tells us about his passion for classical music and about the reactions to his book, taking the chance to share with us anecdotes from some great composers’ lives.

Alessandro, when and how did your passion about classical music begin?

When I was a child; the very first approach with classical music happened through my mother’s cousin, who was the incarnation of the stereotype of the kind and playful aunt, who always let me listen to Mozart’s serenade, the one in G major. Then there was my grandfather as well, who was passionate about it, and as it happens to many others, I inherited his passion; grandparents are precious. As time went by I got interested in many other kinds of music as well, let’s say that I tried it all, except for a few genres that I really can’t stand, till the point when I just got bored because of their lack of capability to give me emotions, so I decided to go back and discover again the classical music I used to listen to as a child. In that moment this passion appeared in his final shape.

In which terms are you and social networks?

(Laughing) In good terms. Now it’s kind of a fashion to stigmatize them, especially among those who use them way too much, and it’s wrong. It is for sure a complicated relationship. Like Umberto Eco said: the social networks give the chance to a whole army of idiots to speak out loud their opinions, and this is something that must be taken into count, but it’s also true that through social networks new friendships can start, there is the opportunity for discussions and there’s the chance to learn many things. They are an option that can be chosen instead of the media’s standard information. Of course, one must also have some discernment, because on socials you can find anything, the best and the worst; the thing itself is a great thing, but maybe we should ask ourselves which kind of use have we been doing of them. But this is a long and complicated topic.

Is it difficult to make jokes about something as “cultured” as classical music?

Actually I don’t find it difficult at all because… Now it’s gonna look like I’m arrogant, but that’s not the case; it’s easy to make jokes about anything, if you know the thing. The more you know it, the easier it get’s to make fun of it, obviously in a good way. I spend my life making fun of Verdi, Wagner, Rossini, but my love for them is endless. It’s all about knowledge that I earned through the years, therefore some anecdotes about their lives are crystal clear in my mind. Sometimes I’m driving my car or riding my bike and I have to stop because I get an idea; this happens because I know the topic.

Be honest: deep inside, when it comes to Verdi and Wagner, do you prefer one of the two over the other?

No. Many people don’t understand that actually none of the two is better than the other, because with their differences they compensate each other, in fact thanks to their two talents collaborating – without them choosing it – here in Italy we had afterwards Puccini, who wouldn’t have been the same Puccini we know without Verdi or Wagner, and the same goes for Mascagni, Leoncavallo, Martucci, Sgambati and Franchetti; the latter being a not very well known composer, but being maybe the best example of a mix between Wagner’s Teutonic and Verdi’s melodic style.
They casted the seeds that made it possible, later, to put together the Italian music “from the heart”, and the symbolist and symphonic music “from the head” that belonged to Wagner. I put them on the same level; the only thing that I can say is that while Wagner reached for sure higher goals when it comes to composing, Verdi was great when it comes to theatre. Those who despise Verdi usually are mistaking him for a musician and a composer, but that’s wrong, because he must be considered as a playwright in order to make it possible to appreciate the genius he was.

Do you think that Verdi would have made fun of Wagner being an antisemite?

For sure Verdi’s antisemitism wasn’t as strong, or actually, Verdi wasn’t an antisemite. It must be take into count that back them the antisemitism was very popular, and we all know which horrors happened later; actually, things that nowadays are sadly becoming way too fashionable once again.
I remember a letter that Verdi received from his librettist, Francesco Maria Piave, about I Vespri Siciliani that he was about to present in Paris; in that occasion he wrote him something like: “What are you doing in France, having your balls busted by the French and especially by that Mayerbeer kike?”; Mayerbeer was, at the time, the most popular French composer.
This way of talking about him being a Jew – and actually neither Verdi or Wagner could stand him, even though it was due to opposite reasons – means that even through private letters between friends one could see a certain antisemitism, even when maybe those people weren’t actually antisemite. Of course Verdi would have complained about Wagner’s exaggerated antisemitism, since for the latter it was something unavoidable when it came both to his art and to his life. He wasn’t anyway the only one; and Wagner’s antisemitism was something very theoretical; as a matter of fact he had friends… Well, actually his conception of “friend” was: “lemon to be squeezed till the last drop”… But anyway, he had Jewish coworkers with whom he always got along very well. I think that Wagner’s antisemitism has been much exploited especially by Germany during Hitler’s era, thinking that it was doing him a favor, but it wasn’t really so. It’s true that history isn’t about wondering “what if”, but I don’t believe that Wagner would have appreciated what nazism did to the Jewish people; this is anyway my personal opinion.

It’s enough to think about what they did with Nietzsche: in Beyond Good and Evil he described the Jewish people as “the superior race”, and still Hitler made him look like an antisemite…

Exactly. As a matter of fact the breaking point between Wagner and Nietzsche was reached also because of Wagner’s antisemitism, despite Nietzsche worshipping Wagner even beyond himself, which means a lot! In Der Ring des Nibelungen there’s also a metaphor about the antisemitism and this is something Nietzsche could never accept; just as much as later on he couldn’t accept Wagner’s apparent conversion to the catholic religion with Parsifal.

Since you are an actor, have you ever thought about bringing your heroes’ adventure to the theatre?

Honestly I never thought about it and I wouldn’t even know how to do it. I’ve been asked the same question by a publishing house, but despite I’ve been already writing, directed and played an almost two hours monologue about Verdi, I wouldn’t know how to make it work. I think that this is an idea that can work only when it comes to social networks.

Till now which kind of reactions did you get about the book?

It has been beyond my wildest dreams. I started this page three years ago; I created the first post about Verdi and Wagner just because I happened to have a free half hour, I put it online and some of my friends, who love the opera the same way I do, asked me to do some more. I did more and in the end I started the page. I realised that people liked these fake conversations, then some asked me to make a book out of them. In the beginning I tried, then I presented it, but the publishing houses didn’t like it. I thought that probably it hadn’t been appreciated because of the fact that it was simply an amount of posts put together; it would have been funny only for those who already knew the topic, but not for those who didn’t; so I started it all over again, and since recently it was both Verdi and Wagner’s bicentenary, I tried to spread some culture, with a very easy attitude, writing a sort of simultaneous biography, using these posts in which they talk to each other, the insult and make fun of each other. You must consider that actually they never spoke to each other, not even a Christmas card, absolutely nothing. I used this rivalry of theirs, which has been described as a much bigger thing than what it actually was and became legend, in order to tell their story in a different way, hoping to make the people who already know laugh, and maybe to give an input to those who don’t know anything about it, using the social networks, something modern. Maybe two or three people out of a hundred who’ll read this book without previous knowledge about the topic will decide to dig more, buying a more academic book or starting to listen to Aida, and then my job would be done; after that I used Amazon to publish my book, and what happened was kind of a miracle, because I didn’t see that coming. Immediately after that I’ve been contacted by the Giuseppe Verdi Museum in Busseto and by the Cultural Department of Busseto, the place where Verdi was born, in order to hold – in May – a press conference in Sala Maggiore, at Palazzo Cavalli, which is Verdi’s place par excellence , where the orchestra director Muti hold the press conferences when he’s about to direct an opera by Verdi at the theatre.

Why did you chose to self publish your book?

Because it was the only way. I don’t have any contacts within the world of publishing houses. I tried to present my book to some of them, but they refused the offer. Probably the way I put it down was wrong, or maybe being a nobody and being the topic not for everyone the publishing house didn’t think that it would have been a good investment. I considered that I had 13000 possible buyers, something that many people don’t have as a start, in fact I’m not saying that it became a best seller, but I sold more copies than I expected. Then, if someday some publishing house will rethink of the thing, I’ll be glad about it.

Which were the difficulties doing that?

I spent nights over nights working on the graphics, also because I don’t have professional softwares. But I’ve seen worse. Other than that it was very easy. The bad side is the fact that your book doesn’t get to the book shops; it takes more work when it comes to doing promotion. But nowadays everyone has an internet connection and everyone knows the website where I’m selling my book.

What are your plans for the future?

When it comes to books, Verdi and Wagner, I’m already putting together the material in order to write something similar about Puccini, a very funny character, the right one for something like this, and after that I would like to work on Rossini; I like him less, or maybe I understand him less, than Puccini, Verdi and Wagner, but maybe as a character he was the best, because he was very sardonic and his understanding of life was really disenchanted and sarcastic. We don’t remember only Rossini’s works, but his jokes as well. He loved the good food.
There’s a story about the fact that when Wagner decided to meet him, in Paris, he was already over sixty. Wagner was very excited about discussing his music theories, the great opera; Rossini welcomed him, but during their conversation, quite often, he left for a few minutes, then he came back; seeing this happening twice, three times, four times, five times, in the end Wagner asked: “Maestro, why do you keep leaving the table?”.
“Well, you know, I’m cooking a ram, and I need to add constantly some red wine!”.
Like: “Why should I care about your music? I need food!”

About the theatre, unfortunately the situation in Italy is not the best; anyway yes, I do have some projects with an acting company; we put on two shows already and we’re now working on a third one.
I also had a role in a couple of movies, but the productions are not moving forward at the moment, so we’ll see.
This is a moment when I cast seeds in order to harvest later on.

 

September 15

“Caro Zucchero, ti chiedo scusa”

15 settembre 2017

Caro Zucchero,
ti chiedo scusa. Forse però è il caso di spiegarti perché.
Ho ventisei anni e la musica, insieme alla letteratura, è da sempre per me ragione di vita. Vivo in Finlandia, ho fondato una band di nome Strega, in cui canto e scrivo i testi. Suono, o perlomeno cerco di suonare, quattro strumenti, e credimi, non spero certo di impressionare nessuno scrivendoti queste cose, le menziono piuttosto per darti un’idea di quanto spazio e di quale posto la musica occupi nella mia esistenza.
Sin da quando ero bambina ho amato molto alcuni tuoi pezzi; ero adolescente quando uscì la tua superba Indaco dagli Occhi del Cielo, che non solo mi piacque molto, ma mi lasciò dentro un segno che ancora oggi, a distanza di un decennio, non sono in grado di spiegare del tutto. Sospetto che abbia qualcosa a che fare con una forma di spiritualità profonda, distante anni luce da ogni tipo di bigottismo.
Eppure mi stavi antipatico.
Avevo nella mente ben fissa l’immagine di te che ringhiavi: “Ti sputo in bocca!”, le orecchie piene delle accuse di plagio a te rivolte.
Tuttavia non provare simpatia nei confronti di un artista non mi ha mai impedito di riconoscerne la qualità e di apprezzarne i lavori.

Alla fine di agosto, per puro caso, passando davanti al Tavastia, a Helsinki, ho letto il tuo nome nell’elenco dei prossimi concerti. Lo stupore è stato doppio: da un lato il Tavastia è un locale dove si esibiscono in genere band metal, dall’altro… “Caspita, Zucchero suona a trecento metri da casa mia!”.
Così ho comprato il biglietto, per curiosità, ma anche a scopo didattico, perché quando si spera di riuscire – un giorno – a vivere della propria musica, è giusto e costruttivo guardare da vicino chi non solo ce l’ha fatta, ma ce la fa da trent’anni.
Sono venuta al tuo concerto, riuscendo ad accaparrarmi un posto in prima fila, attaccata alla transenna, come piace a me.
Mi aspettavo semplicemente una serata gradevole, invece tu mi hai fatta ballare, cantare, saltare, urlare. Mi hai scaldato il cuore, mi hai commossa, mi hai fatta ridere di gusto. Hai suscitato in me stima e rispetto con il tuo genuino lasciare spazio ai fantastici musicisti che ti accompagnano. Di nuovo mi hai fatta ridere indicando me e il tuo tastierista sull’inizio di Senza una Donna, come se ti riferissi a noi due e io gli avessi spezzato il cuore, col tuo sguardo che si faceva sempre più divertito mentre domandavo: “Ma che dici? Chi? Io?”.
Insomma, contro la mia volontà, mi sei stato simpatico, e tanto.
Mi ha fatto uno strano effetto guardarti negli occhi senza i tuoi inseparabili occhiali da sole, perché ci ho visto dentro il riflesso di un’anima fragile.
Tornata a casa inevitabilmente, oltre a cominciare ad ascoltare a rotazione i tuoi pezzi, ho letto e guardato articoli, commenti e video in cui ti si accusava aspramente di svariati plagi, e lì mi sono resa davvero conto di quante cattiverie ti vengano rivolte.
C’è ignoranza o persino perfidia nell’accusarti di aver copiato Everybody’s Got to Learn Sometime, mentre Indaco dagli Occhi del Cielo ne è dichiaratamente la versione italiana (per non parlare del fatto che, in tutta onestà, l’hai resa di una poeticità immensa); lo stesso vale per chi ti attacca dal momento che in Un Kilo il riff è identico a quello di The Seed 2.0, dei Rooths. Certo: perché l’hai realizzata in collaborazione con il loro batterista; e potrei andare avanti citando pezzi che hai dichiaratamente ripreso, o a cui semplicemente hai fatto riferimento, senza mai mancare di rielaborare in maniera artistica, venendo riempito di calunnie da individui che non capiscono le regole della composizione e che non sanno come l’arte si cibi sempre di altra arte.
Poi mi è capitato di leggere una tua lettera ad un giornale, in cui definivi “diabolico” il modo di dipingerti di molti giornalisti, e mi sono sentita terribilmente in colpa, perché per tanti anni anch’io ho prestato ascolto a quel modo diabolico di dipingerti, mentre davvero non te lo meritavi. Per troppo tempo ho tenuto fede ad un modo pregiudizioso di guardarti e mi dispiace davvero, anche da un punto di vista egoistico, perché fa male rendersi conto di aver nutrito tanto a lungo un pregiudizio.
Certo, i giornalisti hanno avuto la loro fetta di colpa, ma io – soprattutto in qualità di fan di Michael Jackson, con una lunga esperienza nel vedere il proprio beniamino massacrato dai media – mi sarei dovuta informare molto prima, avrei dovuto darti il beneficio del dubbio e venire a guardarti più da vicino; invece l’ho fatto solo qualche giorno fa.
Mi auguro che anche per te valga la regola del “meglio tardi che mai” e spero di cuore che tu possa perdonarmi.
Purtroppo hai avuto la sfortuna di nascere in un Paese in cui un artista che ha lavorato con i Queen, Sting, Ray Charles e mille altri, invece di essere un vanto diventa un bersaglio; ma io non ho più intenzione di sparare, né di essere complice di chi lo fa.
Con affetto (sì, adesso te ne porto, e parecchio)
Delia

August 1

Rammstein in Finnland

IMG_2058(English version below)

Seinäjoki, Provinssi, 2 luglio 2016. Il tempo è incerto, l’attesa infinita, resa ancora più pesante dal fatto che Juha Tapio proprio non sia nelle mie corde, e sospetto neppure in quelle della maggior parte dei fan dei Rammstein; la situazione non viene certo migliorata dai Biffy Clyro che – eccezion fatta per un paio di pezzi che si distinguono – sembrano suonare per una decina di volte la stessa canzone.
In qualche modo però il tempo passa, fra due chiacchiere con gli altri fan con un po’ di sale in zucca ed una mezza discussione con le barbie dotate di mascherone di trucco, ciglia fine e push up che – arrivate alle sei di sera – per qualche oscuro motivo credono di meritare la prima fila più di chi è lì dalle undici di mattina.
La politica dello staff dei Rammstein dà però ragione a loro, dal momento che circa mezz’ora prima dello spettacolo vengono scelte per entrare nel backstage. Qualcuna, nel venire aiutata a scavalcare la transenna, ci fa ciao con la mano, della serie: “Addio, sfigati!”. Molte bionde, parecchie in abiti provocanti, qualcuna decisamente volgare, tutte truccatissime e giovanissime; di quelle che intravedo sfilare fra la transenna e il palco, la più vecchia avrà forse ventun anni. Nemmeno un uomo, alla faccia di chi crede che il sessismo vada sempre e solo a scapito delle donne.
Fu decisione del manager in vista del fatto che il concerto verrà registrato o tentativo di soddisfare la lussuria dei membri della band? Ai posteri l’ardua sentenza.
Certo, rosichiamo un po’, ma almeno ce le hanno levate di torno e non dovremo più sopportarle mentre sgomitano e spingono, assumendo però un’aria innocente quando viene detto loro di piantarla.

IMG_2041Finalmente tutto è pronto. Una scritta sugli schermi ci chiede di non curarci delle telecamere e di goderci lo spettacolo, poi parte il conto alla rovescia, naturalmente in tedesco, a dimostrare che per conquistare il mondo non servono i carri armati, ma le note giuste.
I Rammstein dal vivo sono esattamente come su disco.
In tanti anni di concerti ho assistito a pochissime esibizioni in cui nessuno abbia commesso fosse anche il più piccolo errore, ma questa fa sicuramente parte dello sparuto elenco.
Hanno energia da vendere, ben al di là delle fiammate sparate appena un paio di metri sopra le teste dei fan. Sanno essere precisi, teatrali, coinvolgenti; una di quelle band che chiunque sogni di fare musica per vivere dovrebbe vedere almeno una volta nella vita; una sorta di La Mecca del metal.
La setlist è completa e ben bilanciata, nonostante la grande assente: Rosenrot.
Till Lindemann sembra affrontare lo show più come un attore che debba rimanere fedele al personaggio durante tutta la performance che come un cantante che si esibisca in singole canzoni; ha uno sguardo che fa gelare il sangue e – a differenza di quanto spesso accade ai cantanti con voci tanto profonde – il tecnico del suono riesce a rendere assolutamente giustizia al suo timbro baritonale.

Un’esperienza, anche istruttiva, che vale tutte le ore di attesa prima del concerto, quelle passate alla stazione aspettando il primo treno per tornare a Helsinki, e che certamente varrà anche l’attesa fino al prossimo concerto.

Setlist:

Ramm4
Reise, Reise
Hallelujah
Zerstören
Keine Lust
Feuer frei!
Seamann
Ich tu dir weh
Du riechst so gut
Mein Herz brennt
Links 2-3-4
Ich will
Du hast
Stripped
Sonne
Amerika
Engel

Foto del concerto

Rammstein in Finnland

IMG_2058Seinäjoki, Provinssi, July 2nd 2016. The weather is unstable, the waiting endless; it feels even longer since Juha Tapio is really not my thing, and I suspect he’s as well not the thing for most Rammstein fans. Biffy Clyro doesn’t help at all since – except for a couple of songs standing out – they seem to play the same stuff for about ten times.
Somehow anyway time goes by, between a chat with other fans with some common sense and (almost) a fight with barbies, provided of make up masks, fake lashes and push up bras, who arrived at 6 p.m., but for some obscure reason really think they deserve the first row better than the ones who have been there since 11 a.m..
The policy of Rammstein’s staff anyway proves them right, since about half a hour before the gig they’re chosen to go to the backstage. Someone, while getting helped to climb over the barrier, says hi shaking one hand; like: “Goodbye, losers!”. Many blonds, most of them wearing provoking clothing, someone is very vulgar, all of them wear a lot of make up and are very young; among those I see walking between the stage and the barrier, the oldest one might be maybe 21 years old. Not a single man, just in case you thought that sexism does harm to women only.
Was it a decision made by the manager, since the gig will be filmed, or was it to sooth band members’ lust? Posterity will judge.
Sure, we’re envious, but at least they took them away and we won’t have to stand them while they try to elbow their way through, trying to look innocent when they’re told to stop doing that.

IMG_2041Finally everything is ready. The words on the screens ask us not to mind the cameras and to enjoy the show; then the countdown starts, obviously in German, proving that in order to rule the world you don’t need tanks, but the right notes.
Rammstein live is exactly how heard on records.
In many years attending concerts, I watched a very few where no one made even the smallest mistake, but this goes for sure right in the short list.
They’re very energetic, way beyond the flames shot just a couple of meters above fans’ heads. They know how to be precise, theatrical and how to involve people in the show; one of those bands that any person who dreams about making a living out of music should watch live at least once in life; a sort of Mecca for the metal scene.
The setlist is well done and well balanced, despite the absence of Rosenrot.
Till Lindemann seems to face the show more like an actor, playing a character during the whole performance, rather than like a singer performing single songs; he has an icy glance that can make your blood freeze and – unlike what happens to many singers with a deep voice – the sound engeneer manages to do justice to his baritone timbre.

An experience, an educating experience, which for sure was worth all those hours waiting for the gig, all those hours spent at the station waiting for the first train to go back to Helsinki, and that for sure will also be worth the waiting till next concert.

Setlist:

Ramm4
Reise, Reise
Hallelujah
Zerstören
Keine Lust
Feuer frei!
Seamann
Ich tu dir weh
Du riechst so gut
Mein Herz brennt
Links 2-3-4
Ich will
Du hast
Stripped
Sonne
Amerika
Engel

Pictures

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