Desperate Housewriter – Capitolo 1: Esistono Storie che Non Esistono
“Esistono storie che non esistono” dice una delle più importanti opere di filosofia del nostro secolo; Diana lo sa bene.
Sin da quando era bambina, le storie che non esistono la appassionano più di quelle che esistono, e – a parer suo – anche quelle che esistono stanno molto meglio su un foglio.
Ma in fondo è così per tutti.
Tutti a parte i matematici, i fisici e gli scienziati, ma di loro non importa niente a nessuno, altrimenti il governo investirebbe di più su di loro, ma soprattutto ci sarebbero più serie TV che ne parlano. Voglio dire, loro che hanno? Big Bang Theory?
Voi mettere con Gossip Girl, Dirty, Sexy, Money e Sex and the City? La gente ricca è più cool!
Anche se Diana non ha mai compreso fino in fondo il titolo dell’ultima serie citata… Ha provato a seguire un episodio, una volta; dopo un minuto e trentasette secondi ha dovuto cambiare canale: il suo cervello stava per implodere a causa dell’insostenibile atmosfera da bigodini.
In ogni caso: perché “Sex and the City”? Sì, si parla di sesso e le protagoniste abitano in città ma, santo cielo, se fossero verginelle di campagna il titolo sarebbe “Petting and the Country”?
Ma stiamo divagando; dicevamo che, a parte quattro poveri sfigati, tutti amano le storie che non esistono. Diana però ha due grossi problemi:
1 – Come abbiamo già detto, a lei piacciono su carta;
questo è sormontabile: in fondo, nonostante la tremenda crisi, sono ancora parecchi gli scrittori in grado di vendere abbastanza da garantirsi un più che dignitoso tenore di vita.
2 – È intelligente e ha un’etica professionale;
e qui son cazzi.
Essere intelligenti rende la vita difficile, di base perché per divertirti non basta più la penna che, se capovolta, ti mostra la donnina nuda.
O magari ti basta, poi però senti la necessità di trovare una qualche implicazione filosofica che ti salvi dal sentirti una persona comune.
In quanto all’etica professionale, il pubblico letterario ha di recente subito uno sfasamento di priorità e valori che neppure Paris Hilton dopo una massiccia dose di LSD si sognerebbe mai: non interessa tanto il contenuto del libro, l’abilità dello scrittore, lo spessore o l’originalità della storia; no, tutto ciò è per i lettori sprovveduti e superficiali. La cosa davvero importante è: la tua casa editrice è a pagamento o non a pagamento?
Perché se ti sei accollato le spese di qualche tua pubblicazione (come, per esempio, quel povero pirla di Oscar Wilde), non c’è bisogno di leggere il tuo libro per farsi un’idea del suo valore: loro hanno la chiaroLeggenza!
Perché se davvero hai talento, deve esserci una casa editrice pronta a puntare su di te, in quest’epoca di bagordi e di sfrenato mecenatismo!
Ecco, riflettendoci, Diana si accorge del fatto che a qualcuno piacciono un po’ troppo le storie che non esistono.
Ad ogni modo, Diana ama visceralmente la scrittura ed è profondamente stanca di prendere a testate la tastiera;
“ehogfsigsogsggòojòojgkb vjn” è il tipico testo che scaturisce dalle due azioni svolte in contemporanea.
Così decide di fare ciò che qualunque essere umano con cervello, cuore e coraggio dovrebbe fare: andare dal Mago di Oz e consegnarglieli in modo che Dorothy, dopo tutta quella trafila, non rimanga a mani vuote; per giunta subendo la solita paternale sull’importanza del viaggio rispetto a quella della meta.
Ma a parte questo, in nome della cultura, della letteratura, dell’arte e di quanto fa figo sentirsi eroi, decide di impegnarsi, di dare il suo contributo alla resistenza della letteratura di qualità. Perché un vero libro deve essere autentico, pieno di sentimento, vivace, crescere all’aria aperta e nutrirsi di cibi sani!
Come un pollo 10+, ma con le pagine.