Avventura Vegana – A Vegan Adventure
(English version below)
Circa otto anni fa, il treno fischiò per la prima volta.
Mio padre aveva subito un intervento chirurgico da niente, che però lo costrinse a letto per qualche giorno, ed io volai in Sardegna per dargli una mano.
Un giorno mi chiese di preparargli del brodo di pollo, e per la prima volta in vita mia presi in mano un pollo intero, crudo. In quel momento fui colta dall’assoluta consapevolezza del fatto che quella bestiola, qualche giorno prima, zampettava allegramente da qualche parte, beccando mangime, e che adesso invece era lì, spellato, in una vaschetta di plastica, per finire sulla nostra tavola. Dovetti finalmente guardare in faccia la realtà: se le persone intorno a me non avessero considerato normale il fatto di mangiare carne, potendo scegliere un’infinità di alternative, non mi sarebbe mai venuto in mente di uccidere un animale per mangiarlo. Certo, sarei stata disposta a farlo per sopravvivenza, ma non per golosità.
In fin dei conti crescere è anche questo: rendersi conto della propria identità e dei propri valori al di là di ciò che chi ci sta intorno consideri normale.
Avrei voluto fare le cose in maniera graduale, ma la mia coscienza non me lo permise; nel giro di pochi giorni, a fatica, consumai quel che c’era in casa, poi smisi per sempre di mangiare carne e pesce.
Qualche giorno fa, il treno ha fischiato di nuovo.
Chiacchierando, Elisa (un’amica vegana), mi ha raccontato di con quale frequenza i vitelli e le mucche da latte vengano mandati al macello, e di come i pulcini maschi vengano ammazzati in massa. Anni fa avevo letto qualcosa riguardo ai pulcini tritati vivi, ma sembrava un racconto dell’orrore, avevo quasi preso per scontato che accadesse solo in alcuni allevamenti, invece è la regola. Non so perché fino a questo punto io sia stata tanto ingenua o superficiale, anche molti onnivori detestano i metodi degli allevamenti intensivi; sta di fatto che il treno ha fischiato, e ancora una volta razionalmente avrei optato per un cambiamento graduale, ma la mia coscienza non ne ha voluto sapere. Nel giro di un paio di giorni ho consumato il formaggio rimasto in frigo, dopo di che ho eliminato tutti gli alimenti di origine animale dalla mia dieta.
È fatta! Appartengo ufficialmente ad una delle categorie più odiate del web: sono vegana.
Non contenta, ho deciso di usare il mio blog per condividere l’inizio di questa avventura con tutti i curiosi, di parlare dei modi e dei motivi, senza alcun complesso di superiorità, con la consapevolezza che probabilmente nel mio armadietto dei medicinali ci sia qualcosa di testato sugli animali e che la frutta comprata potrebbe essere stata raccolta da un lavoratore sottopagato. Non ho mai ambito alla santità, ma penso sia lecito cercare di fare il minor danno possibile, o addirittura cercare di lasciare il mondo un po’ meno peggio di come l’abbiamo trovato al nostro arrivo.
Troppo?
Che importa? Tanto sono femminista e vegana; verrò accusata di essere una rompipalle a prescindere.
English
About eight years ago, the train whistled for the first time.
My father had to go through surgery. Nothing bad, but still he was forced to bed for a few days, therefore I flew to Sardinia in order to help him.
One day he asked me to cook chicken soup for him and, for the first time in my life, I held in my hands the entire body of an uncooked chicken. In that moment, suddenly, I became aware of the fact that – just a few days earlier – that chicken was somewhere, jumping around, eating its food, while now it was there, dead and skinned, and it had to end up wrapped in plastic, so that it could finally be on our table. I finally had to face the reality: if people around me didn’t consider normal to eat meat, having so many options, I would have never thought of killing an animal in order to eat it. Of course, I would have done it in order to survive, but definitely not out of greed.
At the end of the day growing up means even this: to understand who we are and which our values are, beyond what people around us consider normal.
I would have liked to proceed step by step, but my conscience did not allow me to. In a few days, struggling, I ate what was left, then I gave up meat and fish forever.
A few days ago, the train whistled once again.
While chatting, my (vegan) friend Elisa, told me about how often calves and milk cows are sent to the slaughterhouse, and about how tons of male chicks get killed. I read, years ago, about chicks being chopped up alive, but it sounded like a horror story, therefore I almost took for granted that only a few farms would do something like that, while that is – as a matter of fact – the rule. I don’t know why I was so naive, or superficial; even many omnivores are against intensive farming. The thing is that the train whistled, and once again I would have liked to change gradually, but my conscience didn’t want to hear anything about that. Within a couple of days I ate the cheese left in the fridge, and after that I banned all the products of animal origin from my diet.
Here we go! Now I officially belong to one of the most hated categories on the web: I’m vegan.
But that’s not enough: I decided to use my blog to share my adventure with all those who are curious, talking about my ways and my reasons, without any superiority complex, knowing that very likely in my medicine cabinet there’s something tested on animals, and that some of the fruit I buy might have been picked up by an underpaid worker. Being a saint was never my aim; I just think that we are all allowed to try to do as little damage as possible, or who knows, maybe even trying to leave this world in slightly better conditions than when we came.
Is that too much?
Who cares? I’m a feminist and a vegan, people would accuse me of being over the top in any case.