La Rockstar a Teatro
Ne sono sicura, c’è chi sarebbe pronto a saltarmi al collo già solo per aver definito Morgan “rockstar”; ma in fondo per essere una rockstar servono tre cose: il talento musicale, la personalità e la capacità di far incazzare la gente… e lui abbonda in tutti e tre gli aspetti.
Ma procediamo con ordine: non so se il 22 marzo, al Manzoni di Milano, si sia arrivati o meno al sold out, di fatto il teatro è pieno, e fin qui tutto regolare.
Forse complice il fatto di avere da qualche anno lasciato l’Italia, mi sorprende però il tipo di pubblico. Gli uomini sono probabilmente i fan dei Bluvertigo fra i trenta e i quaranta che a rigor di logica ci si aspetterebbe di ritrovare a presenziare ad uno spettacolo di Morgan; il vero shock sono le donne: anziane che prima dello show farneticano riguardo ad Asia Argento e Ballando con le Stelle, alternate a ragazzine che a spettacolo iniziato lasciano intenzionalmente cascare la spallina del vestito sperando di venir notate dal palco; ma io le noto anche da dietro, perché da lì si vedono perfettamente i punti interrogativi fluttuare sopra le loro teste non appena Marco comincia a parlare di Shopenhauer. Forse sentono il mio sguardo trapassare le loro nuche, dal momento che finalmente si zittiscono e lasciano che noi ci gustiamo lo spettacolo. Noi chi? Noi che siamo lì per la musica e per l’arte.
Nell’arco dei cinque atti, il pubblico può godersi quanto (almeno in teoria) già letto ne Il Libro di Morgan – Io, l’Amore, la Musica, gli Stronzi e Dio, con un pizzico di vita in più, giacché tutto si può dire del Castoldi, tranne che non sia un capace affabulatore. A volergli davvero fare le pulci, è forse leggermente troppo legato al testo: il tutto sarebbe stato ancora più vivo se avesse tenuto a mente un po’ di più e letto un po’ di meno. Ma in fondo una rockstar che si rispetti gioca sulle proprie imperfezioni, dunque che senso avrebbe mai farle le pulci?
Nello spettacolo c’è tutto: c’è cultura, senso dell’umorismo, allegria, autoironia, irriverenza, originalità, tradizione, sorpresa e ricordi. C’è un ospite inaspettato come Vecchioni, che può non essere il tuo cantante preferito ma che è un pezzo di storia della musica italiana, ed è straordinaria la complicità fra lui e Morgan; ci sono i riferimenti colti (sì, quelli che fanno apparire i punti interrogativi sulle teste di chi non ha mai letto altro che Fabio Volo); ci sono le prese per il culo rivolte sia ai leghisti che al Diavolo, perché il male assume forme diverse; c’è la gioia di rendersi conto che la voce del Castoldi è ancora lì, quando ha voglia di tirarla fuori; c’è il magone che inevitabilmente ti prende per la gola quando partono le prime note di Cieli Neri, col flauto traverso di Mauro Pagani, lì in carne ed ossa; c’è Mauro Pagani di per sé, che quando – per la prima volta nella sua carriera – si ritrova a suonare un violino a tre corde, perché una s’è spezzata durante l’esibizione, non fa una piega e in qualche modo riesce a continuare a suonare da dio; c’è la versione più rock de La Notte che ti capiterà di ascoltare in vita tua; mentre Morgan suona il piano, proiettate sul muro, ci sono le immagini di un compleanno di Anna Lou, che ti fanno tornare il magone, ma un magone completamente diverso da quello provato durante Cieli Neri; credevi che non si potesse diversificare il magone e invece improvvisamente ti accorgi che ti sbagliavi di grosso.
Non manca neppure l’interazione col pubblico per mera necessità: Marco, non trovando il testo di una canzone, chiede ai presenti di cercarlo col cellulare; prontamente una fan esaudisce la sua richiesta e gli presta l’apparecchio, ma nel momento in cui – a pezzo già iniziato – un ragazzo dello staff gli porta la versione cartacea, lui senza smettere di suonare restituisce il telefono lanciandolo, e la povera proprietaria per recuperarlo ed evitare che vada in frantumi si cimenta in un tuffo degno di un portiere della nazionale di calcio. Sì, decisamente il signor Castoldi sa come far incazzare la gente.
Te ne accorgi dalle piccole e dalle grandi cose, dall’accozzaglia di gente che in barba a qualunque schema è riuscito a riunire nella stessa sala, dalle performance musicali così come dal costante atteggiamento canzonatorio: saranno anche passati più di vent’anni da Acidi e Basi, ma non c’è talent show che tenga; Morgan è rimasto il nostro incorreggibile Eretico.