Nightwish @ Espoo Metro Arena (13 novembre 2015)
Ho rimandato molte volte la stesura di questo post, perché mentre io vivevo il concerto di cui andrò a parlare, altri vivevano una tragedia, e pur non volendomi pronunciare in merito è stato (e rimane) impossibile non pensarci.
Ad ogni modo, non trovo irrispettoso che chi ha la fortuna di poter ancora respirare e vivere le proprie passioni lo faccia; anzi, semmai credo che sia un segno della consapevolezza di questa fortuna.
Il concerto è stato caratterizzato da scelte quantomeno peculiari, a cominciare dal luogo che l’ha ospitato.
Espoo. Perché Espoo?
Per quanto la Metro Arena sia di per sé adatta ad ospitare un evento del genere, è davvero strano per chi vive a Helsinki doversi spostare verso Espoo per andare a vedere un concerto importante. Credo che sia un po’ l’effetto che farebbe ad un milanese un: “Metallica live a Cernusco sul Naviglio”.
Ma va bene, non focalizziamoci troppo su questi dettagli di poco conto.
La cosa che davvero mi ha lasciata con la faccia a forma di punto interrogativo è stata la scelta della band di supporto.
I Beast in Black.
Alla loro prima esibizione.
Sì, avete capito bene: prima esibizione—->gruppo spalla dei Nightwish.
Se non fosse abbastanza, il cantante ce lo fa sapere con orgoglio, preoccupandosi di annunciarlo al microfono.
“E va be’, allora saranno dei fenomeni”, verrebbe spontaneo pensare.
E invece no.
I Beast in Black sono la prova di come si possano prendere dei veri professionisti, musicisti in gamba, metterli insieme ed ottenere un risultato veramente triste.
Ognuno sa suonare bene il proprio strumento e il cantante sa davvero cantare, non c’è dubbio.
Peccato che metà di quello che il pubblico sente siano tastiere, e che sul palco un tastierista non ci sia.
Peccato che i pezzi siano tutti il genere di prodotto che io definisco “cover originali”, ossia: non dei plagi veri e propri; per scriverle basta riprendere pari pari quello che fa un’altra band ben più famosa, rimischiando le parole e le note, senza vera rielaborazione personale e/o artistica; e ciò non ha nulla a che vedere con il discorso delle influenze e dell’ispirazione, anzi, al massimo riguarda la mancanza d’ispirazione.
La furba trovata dei Beast in Black è però quella di creare “cover originali” di gruppi diversi invece di rifarsi sempre al medesimo, come in genere accade. Un po’ di Halloween qui, un po’ di Europe là, addirittura osiamo con un po’ di Duran Duran su un pezzo quasi dance, così passa la paura.
E pensare che la scena underground finlandese è piena di band interessanti e con un minimo di originalità.
Grazie a Dio, o chi per lui, arriva finalmente il turno dei Nightwish, che mettono in scena un grande spettacolo, da tutti i punti di vista.
Non sono solo gli effetti pirotecnici e le immagini proiettate alle spalle dei nostri beniamini.
E’ l’energia, è la musica, sono le occhiatine complici che si lanciano fra di loro; è il fatto che – al di là di qualche piccola incertezza sulle prime canzoni – Floor sia una grandissima cantante ed un’ottima intrattenitrice, con espressioni del viso impagabili, che riesce ad emozionare ma anche a divertire. Marco non sbaglia una nota, non ha un attimo di cedimento, la carica è la stessa per tutto il concerto.
Tuomas, come al solito, suona le tastiere facendo delle facce degne di un porno.
Troy, il menestrello che con destrezza si giostra fra mille strumenti diversi, ci fa sapere che è molto deluso nel pensare che essendo inglese non potrà mai diventare presidente della Finlandia. Effettivamente son problemi; io, per uno che suona la cornamusa come lui, voterei ad occhi chiusi.
Vorrei tanto vedere Jukka, ma come (quasi) ogni batterista è votato a rimanere indietro, in castigo, ed essendo io una nana davanti al palco, ma in seconda fila, non c’è proprio verso di allungare il collo tanto da riuscire nell’impresa di scorgerlo.
Poi Emppu, il caro Emppu, che oltre ad essere un gran chitarrista ha sempre un sorriso amico per i fan, anche dal palco.
Nella scaletta si sente purtroppo tantissimo la mancanza di pezzi come Wish I Had an Angel e Amaranth che, al di là dei gusti personali, sono pilastri della storia della band. Si tratta comunque di una ben piccola mancanza, trovandosi davanti ad un gruppo che non sbaglia un colpo e durante il cui spettacolo, sulla faccia, senti sia il calore delle fiammate che si alzano dal palcoscenico che quello delle lacrime che inevitabilmente scendono.
Dopo il triste #escile, spopolato sui social network, lancerò un nuovo ashtag ai concerti: #scendimele, riferito alle lacrime.
Photogallery (tenendo bene in mente che non sono una fotografa, né aspiro a diventarlo):
https://www.facebook.com/media/set/?set=a.1202823019734891.1073741826.204801529537050&type=1&l=1d2aa19de4