In questi giorni ha fatto molto scalpore la notizia che le mamme di alcuni bulli, beccati dalla preside della scuola a causa di un video che – con la furbizia che spesso caratterizza i prepotenti – loro stessi avevano caricato su internet, si siano schierate dalla loro parte.
Le motivazioni son quelle di sempre: “Ma sì, son ragazzi”; “Era solo uno scherzo”.
Io dico: perché stupirsi?
Indignarsi è giusto e doveroso, ma dove trova spazio lo stupore in questa faccenda?
Se un ragazzo è venuto su abbastanza prepotente ed abbastanza insensibile da denudare un compagno, insultarlo, spargere il video ai quattro angoli della terra, e credere che sia divertente, probabilmente è avvenuto col benestare dei genitori; forse un benestare non lieto, forse un benestare fatto tutto di passività e di battaglie date vinte per pigrizia, ma pur sempre di benestare si tratta.
Al di là della mancanza di volontà di affrontare i propri fallimenti come genitore, e al di là di una presunzione immotivata (capace di convincere persone adulte – legalmente riconosciute come capaci di intendere e di volere – che un individuo sia splendido e degno di adorazione solo perché frutto delle proprie ovaie o dei propri testicoli), la questione si risolve ad un concetto semplice e tremendamente triste: quei ragazzi non si sono messi nei panni di chi hanno torturato ed umiliato, proprio come alcuni dei loro genitori non si mettono nei panni dei genitori di chi quel torto l’ha subito. Molto probabilmente loro, al posto di una semplice sospensione, avrebbero preteso su un piatto d’argento la testa del carnefice del proprio povero bimbo. Riescono a vedere se stessi in un piccolo oppressore, perché l’hanno generato, ma non riescono a vedere se stessi in un altro genitore, non riescono a vedere se stessi in un altro essere umano in quanto tale.
Le mie condoglianze a chi fa di tutto per crescere un figlio nel rispetto degli altri, ma vede il suddetto figlio – ad un certo punto – scegliere un’altra strada; ma un forte invito a farsi un esame di coscienza (o anche due) a chi si limita a dire o a pensare che “tanto son solo ragazzi”. Aggiungo anche che forse sarebbe il caso di aprire un dizionario e leggere attentamente cosa viene riportato alla voce: “trauma”.
La decisione di non avere figli, soprattutto quando a prenderla sono le donne, sembra fare tanta paura e creare tanto disagio; a me, onestamente, fa più paura questa sciagurata categoria di donne che difendono a spada tratta i propri figli, qualunque cosa facciano, accanendosi contro chi svolge il proprio ruolo di educatore.
Insomma, più che l’idea di un’umanità meno numerosa, mi spaventa l’idea di ritrovarmi in mezzo ad una manica di stronzi.