Lettera Aperta al Mio Lettore (Ossia: Monologo)
15 Marzo 2014
Caro Lettore (parliamo al singolare: è più confidenziale e più realistico, dato che sono una perfetta Signorina Nessuno),
mi manchi e spero, in fondo, di mancarti almeno un pochino anch’io.
Prima di tutto mi scuso per il tragico ritardo: L’Orchestra dei Dannati, secondo i piani, sarebbe dovuto uscire tre mesi fa, mentre in realtà non ho ancora neppure completato la stesura. Ma, in fin dei conti, a chi importa?
Non a nessuno – altrimenti non mi prenderei la briga di scrivere questo post, di tenere in piedi un sito e via dicendo – ma a pochi, forse troppo pochi.
A questo punto sorge il dubbio amletico: continuare a fare finta di niente o esprimere il proprio disagio a chiare lettere, a costo di passare per l’ennesima incompetente frustrata?
Opto per la seconda, forse senza riuscire davvero ad aspettarmi che ciò comporti un cambiamento, ma nella speranza di dare voce a molti altri nelle mie stesse condizioni.
Non sono mai stata una da “best seller” e nemmeno da “hit”, non per necessità di sentirmi parte di una qualche élite, ma semplicemente perché per me il fatto che una cosa sia sulla bocca di tutti non ha mai rappresentato una concreta attrattiva. Non ho problemi a leggere Harry Potter o ad ascoltare l’ultima canzone di Madonna, nel caso in cui mi garbi, ma spesso quando ci arrivo – per un motivo o per un altro – l’ossessione, per i più, è già finita in un cassetto. Esempio concreto: io sono quella che a diciassette anni si è presa la fissa per i Duran Duran, avendo diciassette anni nel 2008.
Sono semplicemente estranea alla logica della moda e del marketing, non perché non sia abbastanza intelligente per comprenderla, o perché sia troppo impegnata a portare avanti l’immagine dell’alternativa per adattarmi, ma banalmente (e tristemente?) perché non mi appartiene.
Io non voglio scrivere una storia chiedendomi cosa ci vuole perché venda milioni di copie; io voglio raccontare la storia che ho dentro, quel caleidoscopio di immagini malate, prodotto dal malato succedersi di eventi davanti e dietro ai miei occhi.
E allora di che mi lamento? Ovviamente con un attegiamento del genere non si conquista il grande pubblico.
Probabile. Lo leggo sui volti di meravigliosi artisti, stupiti dal mio supportarli, semplicemente perché non abituati a trovare dall’altra parte qualcuno disposto a prenderli sul serio prima della scalata delle classifiche, ammesso che sia destinata ad avvenire.
Il problema, sempre più ingombrante, è che è stramaledettamente difficile – giorno dopo giorno – sobbarcarsi il lavoro che dovrebbe essere svolto da un’intera casa editrice, nella speranza di farvi arrivare le mie storie.
Qui non si parla di voler fare soldoni, bensì del dover lottare con le unghie e con i denti per poter svolgere un lavoro, pregando di non finire per perdere denaro invece di guadagnarne.
Le celebri pacche sulle spalle cominciano a somigliare a pugni nello stomaco, specialmente quando ci si rende conto che la persona che, in privato, ti fa i complimenti per quello che scrivi e ti definisce come una speranza per il futuro, è la stessa che non si prende la briga di mettere in moto il passaparola per quanto riguarda te, ma preferisce fare polemica contro l’incompetenza di qualcun altro, o banalmente passerà la vita facendo promozione a Stephen King, perché il vincere facile piace.
Lascio decidere agli altri se definirmi “artista” o meno, se ritenermi una buona o una pessima scrittrice. Di fatto c’è che svolgo il mio lavoro con onestà e dedizione; non sarò di certo io a puntarti contro il dito se per una qualunque ragione non mi apprezzi, ma se invece ritieni quel che faccio degno di nota, per favore, smetti di tenermi nel cassetto, perché qui dentro comincio a sentirmi soffocare.
Con affetto
una Signorina Nessuno