February 4

Un Po’ di Cavoli Miei

A volte mi scordo del fatto che un blog sia anche, semplicemente, un diario online; poi però me ne ricordo, infatti eccomi.
Cos’è successo nell’ultimo periodo?
image201501140016Mi son dedicata prevalentemente a studio, musica e vita personale piuttosto che alla scrittura. Mi sono sentita, in tutta onestà, fortemente demotivata, perché un mondo in cui scritori di talento pubblicano a proprie spese, mentre nelle sale cinematografiche viene proiettato il film tratto da Cinquanta Sfumature di Grigio – per una scrittrice – è davvero demotivante.
Arrivi a chiederti se quello che fai possa davvero fare la differenza, soprattutto in un Paese in cui la gente non vuole leggere neppure quando il materiale è disponibile gratuitamente.
Dopo mille paranoie e mille capitoli non scritti (non per mancanza d’ispirazione, ma a causa dell’opprimente senso d’inutilità), mi sono risposta che non mi è dato sapere se effettivamente quello che scrivo faccia – o farà mai – la differenza nella vita degli altri, ma di certo fa la differenza nella mia. Per questo non posso appendere la penna al chiodo, nonostante a volte vorrei davvero esserne capace.
Mi sono ritrovata, la notte, a sognare di fare esattamente le stesse cose che faccio durante la giornata, ed essendo abituata a creature magiche, ad avventure assurde ed inquietanti, ad incontri meravigliosi e terribili, la diagnosi per quanto mi riguarda è inequivocabile: la disillusione e la ricerca di stabilità cominciano ad avvelenarmi la fantasia; ma non starò a guardare, non oltrepasserò la linea, continuerò piuttosto a cercare di trascinare il mondo dalla mia parte.
Non me la sento di portare avanti Desperate Housewriter, almeno per adesso; non mi va di forzarmi, piuttosto voglio scrivere quel che sento di dover scrivere. Lascerò online il trailer e i due capitoli pubblicati, perché trovo in tutta onestà che si tratti di qualcosa di carino e di simpatico, ma io ho bisogno di tornare alla narrativa; ho bisogno di Rabies e di Desdemona, e forse in qualche modo anche loro hanno bisogno di me.
Ho voglia di fare di più e di fare meglio, ho voglia del profumo di pagine appena stampate.
Come andrà a finire?

“Prendimi, prova a prendermi
a bruciare le mie partenze adesso
Muoviti tra le rapide del mio vivere
con la mia esperienza
Provaci a raggiungermi
con il peso dei tuoi rimpianti addosso
Facile, troppo facile, giudicare e poi
non buttarsi in gioco mai…

Provaci a riemergere
da quei sogni che
il tuo silenzio ha ucciso
Che ne sai dell’origine delle lacrime
se non ha mai pianto?
Provaci a scommettere
che al traguardo tu non sarai secondo
Agile è quest’anima
non puoi vincerla
non la puoi ingannare più
Prova a prendermi…”

Renato Zero, Prendimi

May 4

Desperate Housewriter – Capitolo 2: Dallo Zimbawe con Amore

6 Dicembre 2013

Diana, arrivata appena al secondo episodio, già si rende conto del fatto che la sit-com di cui è protagonista è la più lenta del mondo.
Nessuno si permetterebbe una pausa di tre mesi fra un primo ed un secondo episodio, ma lei è una radical chic, convinta che l’intellettualesimo (movimento religioso a cui tutti gli scrittori/registi snob aderiscono) unito alla noncuranza dei tempi dettati dall’epoca di internet, alla fine ripaghi.
A dirla tutta è anche una radical chick (*), convinta del fatto che la propria figaggine (quella cervellotica e quella estetica) le varrà un domani una vita sentimentale felice.
Le sue idee sono validissime, infatti è spiantata e single.
Ma non importa: al mondo serve sempre del tempo per comprendere i geni, soprattutto quando non riescono a trovare un modo di uscire dalla lampada.

Arrivata a questa battuta di una tristezza francamente imbarazzante, si rende conto di avere bisogno – come in tutte le sit-com che si rispettino – di qualche co-protagonista . Per questo, cercando di introdurre il nuovo personaggio con naturalezza, impugna il telefono e chiama Barbara, l’amica di sempre (cercando di tenere lontani dalla mente Ale & Franz).
B: <<Pronto?>>
D: <<Sono io.>>
B: <<Io chi?>>
D: <<Il Presidente dello Zimbawe.>>
B: <<Lo Zimbawe ha un presidente?>>
D: <<Credi davvero che qualcuno ti informerebbe dell’eventuale inesistenza del Presidente dello Zimbawe dopo essersi presentato come tale?>>
B: <<Diana, che vuoi?>> chiede mettendosi a ridere.
D: <<Stavo pensando…>>
B: <<Adesso sì che mi spaventi.>>
D: <<Stavo pensando di fare qualcosa per smuovere la situazione.>>
B: <<Tipo un rave?>>
D: <<Sì, ai rave si vendono un casino di libri… Dai, seriamente, non so più cosa fare davanti ad un pubblico che spende milioni di euro per comprare in libreria la carta igienica di Stephenie Meyer, ma che andrebbe pagato per leggere qualcosa di diverso.>>
B: <<Tu non segui The Walking Dead?>>
D: <<Sì, lo adoro.>>
B: <<Beh, allora usa questa passione e combinala al metodo Meyer.>>
D: <<…>>
B: <<Pronto?>>
D: <<Credo di non aver capito; cioè, più che altro lo spero.>>
B: <<Una storia d’amore fra una liceale e uno zombie!>>
D: <<Ma come…?>>
B: <<Ma sì, dài, lui arriva in città, tutti lo prendono in giro perché è una frana in ginnastica, ma lei è l’unica a capace di vedere il romanticismo dietro alla sua lentezza di movimento, la sensualità nei suoi gemiti.>>
D: <<Potrei vomitare…>> (Cit.)
B: <<Non essere superficiale: anche gli zombie possono nutrire sentimenti!>>
D: <<Barbara, l’unica cosa che gli zombie nutrono è il loro stomaco, quando ancora ne hanno uno.>>
B: <<Ma, a proposito, quando non hanno più lo stomaco, dove finisce quello che mangiano?>>
D: <<Non credo di volerlo sapere.>>
B: <<Dovresti! Altrimenti come parlerai, nel tuo prossimo libro, del momento in cui lui le presenta la sua non-morta famiglia?>>.
D: <<Barbara, non scriverò mai un simile abominio…>>
B: <<Ma perché? Guarda che ne potrebbe venir fuori una bella storia d’amore!>>
D: <<Di sicuro darei un nuovo significato al termine “relazione carnale”>>.
B: <<Vedi che cominci a trovare anche tu gli aspetti positivi dell’idea?>>
D: <<Per renderlo davvero spaventoso potrei scrivere un passaggio in cui lo zombie dedica alla ragazza una canzone di Vasco Rossi.>>
B: <<”Se Mordo una fragola mordo anche te” diventerebbe una frase con un sapore tutto diverso.>>
D: <<Almeno i vari rantoli fra una strofa e l’altra avrebbero senso di esistere.>>
B: <<Poi, nel caso in cui qualche regista dovesse decidere di creare la versione cinematografica del tuo romanzo, avresti già un’idea per il protagonista.>>
D: <<Tutto ciò diventa sempre più spaventoso.>>
B: <<Vedi? Così rimarresti comunque in qualche modo fedele a ciò che ci si aspetta da un racconto sugli zombie.>>
D: <<Ma mi spieghi come dovrebbe fare uno zombie ad andare a scuola e studiare?>>
B: <<Potrebbe essere una frana negli studi e per questo i genitori di lei potrebbero opporsi alla storia; sarebbe uno spunto in più!>>
D: <<Certo, mia figlia torna a casa con uno zombie e io mi preoccupo dei suoi voti!>>
B: <<Basta ambientare la storia in America.>>
D: <<Eh?>>
B: <<Beh, potrebbe andare così in un Paese in cui trovi granate in regalo nell’Happy Meal, ma la colpa delle stragi nelle scuole viene data ai videogiochi.>>
D: <<Dunque, ricapitolando: lui zombie liceale, lei umana liceale, lui per ovvie ragioni non è un bravo studente, quindi la famglia di lei si oppone…>>
B: <<Se poi vuoi aggiungere la tematica sociale, lui può essere uno Zombie nero e povero proveniente dallo Zimbawe.>>
D: <<Sì, poi intitolo il libro “Indovina Chi Viene a Cena?”?>>
B: <<No: si parla di uno zombie, quindi lo intitoli “Indovina Chi È la Cena”.>>

(*) Chick = Pollastra

May 4

Desperate Housewriter – Capitolo 1: Esistono Storie che Non Esistono

“Esistono storie che non esistono” dice una delle più importanti opere di filosofia del nostro secolo; Diana lo sa bene.

Sin da quando era bambina, le storie che non esistono la appassionano più di quelle che esistono, e – a parer suo – anche quelle che esistono stanno molto meglio su un foglio.
Ma in fondo è così per tutti.
Tutti a parte i matematici, i fisici e gli scienziati, ma di loro non importa niente a nessuno, altrimenti il governo investirebbe di più su di loro, ma soprattutto ci sarebbero più serie TV che ne parlano. Voglio dire, loro che hanno? Big Bang Theory?
Voi mettere con Gossip Girl, Dirty, Sexy, Money e Sex and the City? La gente ricca è più cool!
Anche se Diana non ha mai compreso fino in fondo il titolo dell’ultima serie citata… Ha provato a seguire un episodio, una volta; dopo un minuto e trentasette secondi ha dovuto cambiare canale: il suo cervello stava per implodere a causa dell’insostenibile atmosfera da bigodini.
In ogni caso: perché “Sex and the City”? Sì, si parla di sesso e le protagoniste abitano in città ma, santo cielo, se fossero verginelle di campagna il titolo sarebbe “Petting and the Country”?

Ma stiamo divagando; dicevamo che, a parte quattro poveri sfigati, tutti amano le storie che non esistono. Diana però ha due grossi problemi:

1 – Come abbiamo già detto, a lei piacciono su carta;

questo è sormontabile: in fondo, nonostante la tremenda crisi, sono ancora parecchi gli scrittori in grado di vendere abbastanza da garantirsi un più che dignitoso tenore di vita.

2 – È intelligente e ha un’etica professionale;

e qui son cazzi.
Essere intelligenti rende la vita difficile, di base perché per divertirti non basta più la penna che, se capovolta, ti mostra la donnina nuda.
O magari ti basta, poi però senti la necessità di trovare una qualche implicazione filosofica che ti salvi dal sentirti una persona comune.
In quanto all’etica professionale, il pubblico letterario ha di recente subito uno sfasamento di priorità e valori che neppure Paris Hilton dopo una massiccia dose di LSD si sognerebbe mai: non interessa tanto il contenuto del libro, l’abilità dello scrittore, lo spessore o l’originalità della storia; no, tutto ciò è per i lettori sprovveduti e superficiali. La cosa davvero importante è: la tua casa editrice è a pagamento o non a pagamento?
Perché se ti sei accollato le spese di qualche tua pubblicazione (come, per esempio, quel povero pirla di Oscar Wilde), non c’è bisogno di leggere il tuo libro per farsi un’idea del suo valore: loro hanno la chiaroLeggenza!
Perché se davvero hai talento, deve esserci una casa editrice pronta a puntare su di te, in quest’epoca di bagordi e di sfrenato mecenatismo!
Ecco, riflettendoci, Diana si accorge del fatto che a qualcuno piacciono un po’ troppo le storie che non esistono.

Ad ogni modo, Diana ama visceralmente la scrittura ed è profondamente stanca di prendere a testate la tastiera;
“ehogfsigsogsggòojòojgkb vjn” è il tipico testo che scaturisce dalle due azioni svolte in contemporanea.
Così decide di fare ciò che qualunque essere umano con cervello, cuore e coraggio dovrebbe fare: andare dal Mago di Oz e consegnarglieli in modo che Dorothy, dopo tutta quella trafila, non rimanga a mani vuote; per giunta subendo la solita paternale sull’importanza del viaggio rispetto a quella della meta.
Ma a parte questo, in nome della cultura, della letteratura, dell’arte e di quanto fa figo sentirsi eroi, decide di impegnarsi, di dare il suo contributo alla resistenza della letteratura di qualità. Perché un vero libro deve essere autentico, pieno di sentimento, vivace, crescere all’aria aperta e nutrirsi di cibi sani!
Come un pollo 10+, ma con le pagine.